Luigi Dell’Olio
L a fuga dei cervelli, partita dai giovani neolaureati, rischia di allargarsi a quadri e dirigenti. Con ricadute nefaste per la competitività delle aziende italiane. I manager che hanno varcato le Alpi negli ultimi anni costituiscono già una schiera numerosa, da Vittorio Colao (ceo di Vodafone) a Diego Piacentini (vice president di Amazon), da Luca Maestri (cfo di Apple) ad Alberto Cribiore (vice chairman di Citigroup), ma in questi casi si tratta di professionisti che avevano già un profilo globale. Diverso è il discorso per quanti decidono di trasferirsi oltreconfine nell’impossibilità di trovare condizioni contrattuali adeguate nel nostro Paese. Il rischio è concreto a scorrere l’Osservatorio sulle politiche retributive 2014-2015 di Towers Watson (condotto su 500 aziende, prevalentemente medio-grandi, appartenenti a tutti i principali settori ad esclusione dei servizi finanziari), che Affari&Finanza pubblica in esclusiva. Si scopre che negli ultimi anni si è allargata sensibilmente la forbice retributiva tra le professionalità elevate impiegate in Italia e negli altri Paesi europei. Da noi un top manager (direttore, secondo la classificazione della ricerca), che pure non può lamentarsi a fronte di una retribuzione lorda media di 228mila euro lordi annui, guadagna al netto il 14% in meno di un tedesco e il 13% nei confronti di uno inglese. Non solo: il vantaggio è ormai quasi azzerato per le aziende attive nella Penisola anche con i mercati emergenti come la Polonia e la Turchia. Il differenziale rispetto alle retribuzioni nel resto d’Europa è ancora più marcato tra i dirigenti (nella ricerca vengono identificati così quelli di seconda fascia), che in Italia portano a casa mediamente 110mila euro lordi annui e che in termini di retribuzione netta significa il 13% meno degli omologhi francesi e britannici, ben il 20% rispetto a quelli tedeschi. La situazione è particolarmente difficile per i quadri, che nell’ultimo triennio hanno visto addirittura contrarsi le retribuzioni (-3,3%, ma la perdita di potere d’acquisto è superiore all’8% considerando l’impatto dell’inflazione) e oggi guadagnano mediamente 55mila euro lordi. I quadri in Francia portano a casa il 38% in più rispetto ai pari livello italiani e gli inglesi ci superano addirittura dell’80%. “Le riorganizzazioni aziendali hanno colpito soprattutto questa fascia di lavoratori”, spiega Rodolfo Monni, responsabile indagini retributive di Towers Watson Italia. “Molti middle manager senior sono usciti dal mondo del lavoro e sono stati sostituiti da profili più giovani, con retribuzioni contenute”. Senza trascurare i casi dei contratti di solidarietà applicati durante la crisi e di quelli rinegoziati al ribasso pur di salvaguardare il posto. Si difendono invece i sales (51mila euro annui di media), che nell’ultimo triennio hanno visto crescere intorno al 15% le retribuzioni e oggi guadagnano più o meno in linea con i colleghi europei. Un trend che si spiega con la persistente crisi dei consumi nella Penisola, che spinge le aziende a premiare maggiormente i venditori più abili a districarsi in questo contesto. Di positivo c’è che in Italia tendono a calare le differenze retributive tra uomini e donne. Tra i quadri si aggirano intorno a un punto percentuale, che salgono a tre nel caso dei dirigenti. L’eccezione è rappresentata dal settore vendite, dove la forbice arriva al 12%. “Va comunque detto che solo poche donne arrivano a occupare posizioni di vertice: sono appena il 16% dei direttori attivi nelle aziende della Penisola, il 23% dei dirigenti e il 35% dei quadri”, sottolinea Monni. Detto della situazione attuale, lo studio di Towers Watson si proietta anche verso il futuro. Le aziende intervistate hanno messo a punto budget per gli aumenti salariali di tutte le categorie di lavori sostanzialmente omogenee: per i direttori ci sono spazi per rialzi del 3,0%, per i dirigenti e i venditori del 2,9%, infine per i quadri e gli impiegati del 2,8%. Se queste intenzioni si trasformeranno in decisioni concrete, i lavoratori italiani potranno prendere una boccata d’ossigeno, considerato che l’inflazione è destinata a restare debole ancora per qualche tempo. Alla fine, molto dipenderà dall’andamento dei conti aziendali, ai quali è legata la retribuzione variabile, che assume un peso crescente via via che si sale nella scala delle responsabilità aziendali. Nei grafici, le retribuzioni medie dei manager in Italia e il confronto con altri paesi